sabato 15 ottobre 2011

Il tempo puro





 Contemplare rovine non equivale a fare un viaggio nella storia, ma a fare un'esperienza del tempo, del tempo puro. Riguardo al passato, la storia è troppo ricca, troppo molteplice e troppo profonda per ridursi al segno di pietra che ne è emerso, oggetto perduto come quelli ritrovati dagli archeologi che scavano le loro fette di spazio-tempo. Ci accade di contemplare dei paesaggi e di ricavarne una sensazione di felicità tanto vaga quanto intensa; più quei paesaggi sono "naturali"(meno essi devono all'intervento umano), più la coscienza che ne abbiamo è quella di una permanenza, di una lunghissima durata che ci fa misurare per contrasto il carattere effimero dei destini individuali. 
Le rovine aggiungono alla natura qualcosa che non appartiene più alla storia, ma che resta temporale. Non esiste paesaggio senza sguardo, senza coscienza del paesaggio. Il paesaggio delle rovine, che non riproduce integralmente alcun passato e allude intellettualmente ad una molteplicità di passati, in qualche modo doppiamente metonimico, offre allo sguardo e alla coscienza la duplice prova di una funzionalità perduta e di un'attualità massiccia, ma gratuita. Conferisce alla natura un segno temporale e la natura, a sua volta, finisce col destoricizzarlo traendolo verso l'atemporale.
Il "tempo puro" è questo tempo senza storia, di cui solo l'individuo può prendere coscienza e di cui lo spettacolo delle rovine può offrirgli una fugace intuizione.

Marc Augè, Rovine e macerie, cap. Il tempo e la storia, Ta prohm. 2004

martedì 11 ottobre 2011

Carlo Scarpa a Vienna

" Non vorrei che credeste che sono venuto qui a farvi una predica, sono un uomo molto umile e molto semplice, ho fatto qualche lavoro, sono specialista, in tono direi ironico. 
Guai agli specialisti, ma il mondo moderno ama gli specialisti. Sono diventato un mezzo museografo, faccio molte esposizioni, il mio lavoro è molto breve, non importante dal punto di visto di grandiosità e se permettete una piccola mia idea personale: grande opera d'arte, ha sempre piccola dimensione".

Carlo Scarpa, estratto da unaconferenza a Vienna, 1976